sabato 26 luglio 2014

Che a me poi i bucati mi sono sempre piaciuti.




Che a me poi i bucati mi sono sempre piaciuti. Non so il perché. Quando i nostri vicini di casa in Svizzera stendono il bucato alla finestra io sono più contenta. In Svizzera non sono molti i bucati appesi alle finestre, non so, forse tutti hanno l’asciugatrice o una lavanderia.
Invece a Bologna d’estate stendiamo all’aperto. Lo fanno anche tutti i nostri dirimpettai. Che poi quando inizia a piovere tu vorresti ritirare anche i loro panni che se no si bagnano ma non ci arrivi mica. E anche quando stendendo in balcone mi cade una calza o una molletta non so che cosa fare, che non posso andare sempre ad annoiare quelli del piano di sotto per una calza, che se poi mi cade un vestito a cui tengo moltissimo davvero magari non ho più il coraggio di farmelo ridare. Ma tanto io le calze le metto comunque spaiate, che mi sembra uno spreco se sono belle metterle uguali, a volte però sono solo pigra che ad appaiare i calzini io mi annoio moltissimo. Sia chiaro non giudico chi appaia i calzini, però quelli che stirano un po' si li giudico, è che io non riesco realmente a capirli. Che certi dicono io non stiro ma stendo bene bene e poi i vestiti li piegano davvero bene bene, io non faccio neanche quello. Che i miei amici a volte guardando il mio armadio sono increduli, sono davvero stupiti, non riescono a credere ai miei vestiti appallottolati. Che poi non è che se sono spiegazzati sono più brutti. Certo che preferirei trovarli tutti in ordine alla mattina quando apro l’armadio. Però mi scoccia di più piegarli di quanto piace trovarli in ordine. Dunque non li piego. Quasi mai. Tranne quando sto ascoltando la musica che ascoltarla da ferma non mi piace e allora posso correre, camminare o piegare i vestiti, e volendo anche appaiare i calzini che anche se sono diversi li puoi appaiare lo stesso.
Del bucato mi piace il profumo di pulito, che poi certo che lo so che è il profumo di detersivo. E che non è che se una cosa se sa di detersivo allora vuole dire che è pulita. A dire il vero è l'ammorbidente che dà il profumo, mica il detersivo, che poi l'ammorbidente nessuno lo usa per ammorbidire ma solo per profumare e allora penso che potevano chiamarlo direttamente profumatore. 
Poi il bucato mi piace perché è in assoluto la mia seconda faccenda domestica preferita. Si fa veloce e sembra di avere fatto moltissimo. Che poi io non separo neanche i colori. E non faccio neanche molto caso alla temperatura, cerco di lavare il più possibile a trenta gradi, per questioni ecologiche non per altro. Ogni tanto quando sono particolarmente in vena faccio partire una macchina a sessanta grandi con asciugamani, lenzuola e biancheria, che sarebbero le mutande, le canottiere no che non le uso. Mia mamma però me lo ha spiegato come si dovrebbe fare: a trenta gradi lana e delicati, a sessanta lenzuola, asciugamani e biancheria che sarebbero le mutande ma anche le calze e a quaranta tutto il resto. Le cose che vanno lavate a mano non le prende in considerazione nemmeno mia mamma. Poi di norma io non compro vestiti troppo delicati da dover ricevere un trattamento speciale. E nel caso li tratterei esattamente come gli altri. Però se ho lo smacchiatore e mi ricordo di essermi macchiata può capitare che smacchio altrimenti amen.
Però il bucato mi piace soprattutto guardarlo, che quando vado in un posto io non fotografo i paesaggi o i monumenti, ma fotografo i bucati. Ho decine di foto di bucati messicani, guatemaltechi, scozzesi, irlandesi, francesi, italiani, svizzeri, spagnoli, bosniaci, croati, montenegrini e greci che poi è la lista di tutti i posti dove sono stata. Tranne il Belize che ho attraversato su di un autobus sgangherato, ma se non tocchi la terra con i piedi non vale. E poi lì non ho visto bucati lungo la strada.
E se faccio un disegno e io disegno raramente stai sicuro che sto disegnando panni stesi oltre che un qualche scheletro. Ma questa faccenda degli scheletri è un'altra storia. 
Che poi mi piacciono così tanto che ho teso un filo in camera mia in cui a volte stendo. Una volta ho fatto una ghirlanda di mutande e calzini. Solo che se apro troppo la finestra il filo cade e mi ritrovo tutti i panni umidi sul pavimento.

Scheletri e bucati

Ghirlanda di mutande e calzini.
Île d'Ouessant (Bretagna)

Spello (Umbria)



Kotor (Montenegro)
Kotor (Montenegro)
Sarajevo (Bosnia)
Dubrovnik (Croazia)



venerdì 25 luglio 2014

Torta al cioccolato, mandorle e pere

Ecco un altro post della mia coinquilina criminologa Angela della rubrica "Dov'è la lingua di gatto"!


Torta al cioccolato, mandorle e pere


Questa torta ha origini speciali. Non parlo del luogo di nascita, perché quello a me è rimasto ignoto. Nel maggio 2012 mi recai a Basilea da un’amica. Si organizzò una cena e, con non-chalance e senza ricetta, questa amica cominciò a preparare questa delizia. Io, da parte, le chiedevo informazioni: “Quanto di questo? Quanto di quello?”. E lei rispondeva vagamente. O perché doveva rimanere un segreto o perché forse stava andando a caso. Mi conquistò completamente. La torta. E non conquistò solo me. E continua a conquistare. Solo tempo dopo mi consegnò finalmente una vaga ricetta. Questa torta mi ricorda il Dottor Lecter, per la sua capacità di affascinare e conquistare, appunto. E per l’alone di mistero che continua a vorticare attorno a lui. 
Ingredienti:
4 uova 200 gr. di mandorle macinate/granelli 200 gr. di cioccolato fondente 200 gr. di burro 150 gr. di zucchero 2 C di farina
½ busta di lievito pere



Preparazione
Come consiglio sempre: comincia a preriscaldare il forno. In tal caso a 200°. Unire zucchero e mandorle. 

Separatamente sbattere le 4 uova e poi aggiungerle a zucchero e mandorle. Questo facilita lo “sbattimento” delle uova. Sciogliere a bagnomaria le tavolette di cioccolato fondente con il burro. Io uso la tecnica di una padella dentro l’altra. Fa sorridere questa soluzione da MacGyver. Sciolti questi elementi, aggiungerli al primo composto (zucchero, mandorle e uova). Aggiungere ora farina e lievito. Sulla quantità di farina effettivamente bisogna andare a occhio. Io solitamente metto 2 cucchiai grandi abbondanti e un altro scarso. Tendenzialmente è una torta che all’interno rimane umida (a causa della poca farina e delle pere), dettaglio da tenere ben presente quando si fa la “prova del coltello” (per vedere se è cotta). Dimenticavo: 40 minuti in forno a 200 °.

martedì 15 luglio 2014

Melanzane tonde violette dell'addio

Non questo mercoledì che sono a Trento, ma lo scorso ho fatto l’ultima spesa al Labas con Elenuzza, perché per tutto il prossimo anno non ci sarà più a Bologna. È da ormai diversi mesi che la spesa del mercoledì al Labas è diventato il nostro appuntamento fisso, con la pioggia o con il sole, il programma è sempre lo stesso: biciclette, spesa, vino rosso e tante tantissime parole.

Il vino è importantissimo, è sempre lo stesso: rosso e fermo, si tratta di un onesto e sapiente cabernet contadino prodotto nei paraggi. Mai il lambrusco! Mi raccomando! Troppo dolce e frizzante, il lambrusco è stato cinicamente e probabilmente ingiustamente da noi declassato all'alcolpops dei vini.
A volte siamo solo noi due, altre volte arrivano tantissimi altri amici.  

In questa ultima spesa ho comprato delle melanzane tonde violette, delle bellissime cipolle di tropea, del basilico viola e le uova.
Con le melanzane Elenuzza mi ha suggerito di fare le cotolette, che quelle tonde e violette, mi ha detto, non serve metterle solo sale a perdere acqua.
Ho deciso di accompagnarle con una salsina di carote e yogurth che ha fatto una volta mia mamma da mangiare assieme alle polpette di melanzane, prendendo spunto dalla ricetta di Simone Bianchi. Io non avevo l’aneto e allora ho usato l’erba cipollina, l’unica cosa che cresce in abbondanza sul nostro balcone.

 
Melanzane tonde violette impanate e fritte

Ingredienti
Melanzane tonde violette
uova
sale
pepe
pan grattato
olio di semi

Procedimento
Tagliare le melanzane a fette sottili, un po' meno di mezzo centimetro. 





Passarle nell'uovo sbattuto con sale e pepe. Passarle poi nel pan grattato. Friggerle in abbondante olio di semi.





Salsa di carote, yogurth e erba cipollina


Ingredienti
1 vasetto di yogurth naturale
2 carote bollite
il succo di mezzo limone
sale
pepe
olio
erba cipollina

Procedimento
Frullare tutti gli ingredienti e mettere in frigo.

Per la ricetta originale di Simone Bianchi cliccate qui!








martedì 8 luglio 2014

Salsa di pomodoro e peperoncino per i nachos

Una salsina veloce, con un ingrediente non troppo intelligente, per uno spuntino non proprio sano. Si tratta di una salsa freschissima di ispirazione messicana di pomodoro, cipolla e peperoncino da mangiare in balcone, con nachos e birra, a fine giornata.


Salsa di pomodoro, peperoncino e cipolla

Ingredienti

1 cipolla
2 pomodori
succo di limone
peperoncino (fresco, secco, sott'olio, quello che c'è)
1 po' di ketchup (e questo è l'ingrediente non proprio intelligente)
sale, pepe
ev. coriandolo
ev. un po' di olio di oliva

Procedimento

Frullare tutto e mettere in frigo. Si conserva anche un giorno!


lunedì 7 luglio 2014

Un chapati filologicamente sbagliato: con lievito madre e rosmarino

Ieri non sapevo come smaltire la pasta madre appena rinfrescata, con il caldo che c'era a Bologna non avevo voglia né di impastare, né di accendere il forno per cuocere il pane. Perciò ho deciso di fare un chapati filologicamente sbagliato, con lievito madre e rosmarino. Nel chapati, in realtà, il lievito non ci va, questo pane indiano è fatto di sola acqua, farina e sale. Ho pensato di metterci anche il rosmarino dopo che mercoledì scorso al Làbas una ragazza mi ha fatto provare il suo pane al rosmarino e mi era piaciuto moltissimo.
Il primo chapati che ho mangiato credo lo abbia cucinato mio fratello, penso che l'avesse cotto direttamente sulla brace del camino della nostra cascina ai piedi dei denti della vecchia. Ho mangiato del chapati buonissimo qualche hanno fa al rainbow in Bosnia e dell'altro fantastico questo inverno preparato da un amico a Campo Blenio.



L'utilizzo del lievito non è necessario, la mia era un'esigenza di smaltire la pasta madre. Probabilmente si può usare anche l'esubero, ma poiché dovevo rinfrescare la pasta madre ho deciso di utilizzare il rinfresco appena fatto, per evitare un possibile retrogusto acido.

Chapati con lievito madre e rosmarino

Ingredienti

70 g. di lievito madre rinfrescato
1 cucchiaini di malto d'orzo/zucchero/miele
200 g. di acqua non troppo fredda
100 g. di farina intregrale
200 g. di farina bianca
1 cucchiaino di sale
rosmarino a piacere
un pochino di olio

Procedimento

Sciogliere il lievito madre e il malto d'orzo nell'acqua. Aggiungere le farine e impastare. Aggiungere, l'olio, il sale e il rosmarino. L'impasto deve risultare morbido, ma non troppo appiccicoso. Se si ha tempo lasciare riposare un'ora. Formare 6 palline e stendere la pasta con il matterello, ottenendo dei dischi spessi qualche millimetro. Cuocere da entrambi i lati in una padella antiaderente calda. Conservare in un canovaccio umido. Sono buoni anche il giorno dopo. Io li ho farciti con scamorza, pomodori e speck.



Chapati con esubero di pasta madre e rosmarino

Ho provato anche a fare il chapati con l'esubero ed è uscito quasi più buono, non so se ciò è dovuto al maggior tempo di lievitazione. Comunque ecco la ricetta:

Ingredienti

100 g di pasta madre non rinfrescata
150 g di acqua tiepida
1 cucchiamo di malto d'orzo
150 g di farina integrale
150 g di farina bianca
1 cucchiaino scarso di sale
rosmarino
olio d'oliva

Procedimento

Sciogliere la pasta madre nell'acqua, aggiungere il malto d'orzo e le farine. Impastare e lasciare lievitare per 3 ore. Aggiungere sale e rosmarino e far lievitare un'altra ora.
Dividere l'impasto in sei, fare delle palline e stenderle con il matterello. Cuocere entrambi i lati in una padella rovente.



venerdì 4 luglio 2014

Pane e cipolle con il lievito madre.

Pasta madre rinfrescata



Qualche settimana fa ho avuto la fortuna di passare un paio di giorni a Granburrone nella Valle degli Elfi e ho potuto finalmente assaggiare la leggendaria pizza degli elfi. Quella pizza protagonista di molte narrazioni entusiaste dei miei amici che l'avevano assaggiata al Rototom o in un qualche festival. Si tratta di una sottile pizza, cotta in un forno a legna dalla forma molto particolare. Quella che ho mangiato io era condita solo con olio, cipolla e sale: meravigliosa!

Tornata a casa mi è rimasta una voglia incredibile di cipolla e visto che dovevo panificare ho deciso di provare a fare il pane alle cipolle.

Pane alle cipolle con il lievito madre

Ingredienti
200 g di pasta madre appena rinfrescata
1 cucchiaino di malto d'orzo (o miele, o zucchero)
350 g di acqua
200 g di farina integrale
400 g di farina bianca
1 cucchiaino abbondante di sale
2 cipolle bianche tagliate a velo

Procedimento
Sciogliere la pasta madre e il malto d'orzo in un po' d'acqua. Aggiungere la farina e impastare per almeno 15 minuti. Dopo un paio di minuti aggiungere il sale e quando l'impasto appare liscio e non troppo appiccicoso aggiungere anche le cipolle.



Far lievitare 2 ore e poi eseguire una serie di pieghe di rinforzo. Far lievitare un'altra ora e fare di nuovo le pieghe. Dopo 1 ora dare la forma alla pagnotta e far lievitare ancora 2 o 3 ore prima di infornare a 240 ° per 10 minuti e poi a 200° per 30 minuti. Nel forno mettere una bacinella d'acqua per la cottura al vapore.



Di certo questo pane non è perfetto, devo ancora imparare a fare un pane buono con il lievito madre. Tuttavia questo pane mi ha soddisfatto: mollica morbida, crosta croccante, retrogusto acido non troppo forte e le cipolle ci stanno un sacco.